giovedì 30 gennaio 2020

SEI COME SEI: IL BAMBINO E IL TERRITORIO SCUOLA


Per un bambino appena arrivato alla primaria il territorio è l'aula della propria classe.
La scuola per un bambino è il territorio più importante dopo la propria casa.
E' un luogo dove si trascorre molto tempo, specie se è una scuola a tempo pieno.
E per queste ragioni dovrebbe essere uno spazio “educativo”, cioè un luogo che porta alla luce, di incontro e accoglienza, di esperienza, di apertura e in cui iniziare a conoscere se stessi e scegliere di seguire le proprie predisposizioni, scoprire passioni. E' un luogo identitario.

Per questo, prima di iniziare a descrivere un percorso sperimentato in cl. 4^, che ritengo esemplare del mio fare scuola che ho denominato “didattica del territorio quale educatore innovativo”, ritengo importante raccontare come si è costruito il contesto, il territorio-classe-aula, in cui ciò è stato possibile realizzarlo.

I cinque anni del ciclo che si è concluso, sono stati prima di tutto una “storia” bella, intensa, ricca e magica, che è impossibile raccontare in poche parole. Una storia ha sempre un “prima”, un tempo in cui i protagonisti ancora non si conoscono, ma già si immaginano, si pensano. Accade ad esempio alle madri in attesa, ma anche a noi insegnanti che attendiamo dei nuovi bambini.
L'estate è tempo di riposo, ma per tanti di noi credo sia anche tempo di letture, di accumulo di pensieri, visioni, immagini, suggestioni. Nel mio caso, specie prima dell'avvio di un nuovo ciclo, è un periodo per capire quale sarà la storia “generativa” che accompagnerà per cinque anni i bambini che incontrerò, ma anche me. Perché, alla fine, come ha scritto Susanna Tamaro “un insegnante che ama il suo lavoro ha un compito molto importante: quello di trasmettere la sua passione(1). Anche perché, aggiungo io, è solo quando siamo davvero appassionati che riusciamo a comunicare in modo davvero efficace, ad essere dei “testimoni”. In questo caso la storia, comprensiva di personaggio fantastico che sarebbe stato il motore motivazionale all'apprendimento della letto-scrittura, è arrivata mentre camminavo in un bosco delle prealpi venete e la sintesi verbo-visuale che ho fatto in quel momento è stata questa:



Il primo giorno di scuola dell'a.s. 2014/2015, ciascun bambino della mia classe, prima di varcare la porta della scuola, ha attraversato una soglia simbolica tra due querce che avevano la loro età, e gli è stata consegnata una piccola scatolina di legno sulla quale era dipinta una lumaca. Conteneva una ghianda. Sulla scatola c'erano scritte quelle che sono diventate le prime parole che i bambini hanno letto nella scuola primaria, un messaggio importante, che era anche il titolo del percorso educativo-didattico quinquennale:

sei come sei

La proposta educativo-didattica, condivisa fin da subito con i genitori, è ruotata attorno alla metafora del “seme” esemplificata da questa citazione di frate Egidio da Assisi: “seminare è un atto di fede nel seme e nella terra”. Il contadino-insegnante ascolta, semina, irriga, vanga, aspetta; la terra-genitori da stabilità, sostegno, condivisione, silenzio; il seme-bambino deve poter “essere” nella sua diversità-unicità: questi sono stati i tre attori protagonisti del territorio-classe, oltre allo spazio fisico dell'aula, quarto attore, luogo progettato ma flessibile, che comprendeva spazi per il lavoro cooperativo e laboratoriale, spazi individuali e personali e studiato perché tutto fosse accessibile a tutti. nonché una biblioteca di classe molto fornita. Un attore-territorio che è cresciuto con noi mano a mano che si andava accumulando una nostra storia. Un territorio in cui imparare cosa sia la partecipazione e l'esercizio della democrazia.
L'azione educativo-didattica, come nell'intuizione iniziale, è stata incentrata su cinque verbi (cinque come le dita della mano del contadino che lavora la terra), azioni che permettano la crescita del bambino “nel rispetto delle differenze di tutti e dell’identità di ciascuno” come prescrivono le Nuove Indicazioni Nazionali: ascoltare, parlare, creare, camminare, studiare.
Inoltre, il libro, letto nello spazio-agorà denominato “Il Cerchio della Luna”, è stato lo strumento privilegiato per avviare qualsiasi percorso educativo-didattico. 

In particolare è stato utilizzato l'albo illustrato quale strumento esemplare per connettere il sapere, il pensiero, i sentimenti, e per sviluppare l’abilità di decodificare la realtà attraverso i simboli umani dell’arte, della comunicazione, della cultura. Come già anticipato in un post precedente, nella didattica del territorio quale educatore innovativo l'albo illustrato è anche lo strumento che in modo immediato insegna il linguaggio metaforico-simbolico che è il codice che permette la connessione tra il sé e il mondo, tra il vicino e il lontano, tra l'esperienza e il linguaggio, che consente quindi di decifrare e comprendere l'opera d'arte che è un territorio.

E cinque libri/albi hanno anche costituito i cinque capitoli di questa storia che abbiamo intitolato “Sei come sei”: ognuno di essi ha costituito lo sfondo a ciascun anno scolastico, l'elemento che ha dato spessore narrativo, che ha delineato il cammino con delle tappe, una sorta di mappa di senso da seguire, aperta a tutto quello che sarebbe arrivato, compresi decine e decine di altri libri e albi.
Ecco i cinque libri-capitolo-sfondo, in ordine dalla classe prima alla quinta:


 

 




                  
La scuola deve educare alla consapevolezza e responsabilità delle relazioni tra microcosmo personale e macrocosmo dell'umanità e del pianeta(2). Ecco perché la scuola dovrebbe essere il primo territorio che il bambino impara ad abitare sperimentando, in una scala adatta alla sua maturità, cosa significhi cittadinanza attiva.



  1. in “Alzare lo sguardo, il diritto di crescere il dovere di educare” di Susanna Tamaro – ed. Solferino, 2019
  2. in “ Indicazioni Nazionali per il Curricolo”, p. 11



domenica 26 gennaio 2020

PAROLA E MEMORIA


Le parole fanno cose”, nel mondo della Scuola è uno slogan celebre che viene utilizzato quando si parla di inclusione. Deriva dal titolo di un'opera del filosofo inglese John Austin in cui egli sosteneva che la parola è capace di farci fare cose solo se nasce da un atto.
Anche la denominazione, nel processo di territorializzazione di un territorio, ha sempre connotato il potere sul territorio stesso. Ad esempio, la Serenissima denominò il territorio che lei stessa aveva contribuito a costruire con il Taglio di Porto Viro del 1604, assegnando alle nuove terre emerse i nomi delle famiglie veneziane che ne divennero le proprietarie, nomi spesso preceduti dalla particella “Ca'...” che significa “casa” (Ca'Venier, Ca'Vendramin, ecc.). E quei nomi divennero l'identità del territorio stesso. Identità formalizzata dalle carte dell'epoca, dove compaiono, insieme alle parole, i numeri, i conti, che parlano dell'interesse dei veneziani sul Delta.
Questa relazione parola-cosa-potere, alle porte della Giornata della Memoria di domani, mi porta alla memoria un passaggio da “I sommersi e i salvati” di Primo Levi: “A partire dall’inizio del 1942, ad Auschwitz e nei Lager che ne dipendevano, il numero di matricola dei prigionieri non veniva più soltanto cucito agli abiti, ma tatuato sull’avambraccio sinistro. (...) L’operazione era poco dolorosa e non durava più di un minuto, ma era traumatica. Il suo significato simbolico era chiaro a tutti: questo è un segno indelebile, di qui non uscirete più; questo è il marchio che si imprime agli schiavi ed al bestiame destinato al macello, e tali voi siete diventati. Non avete nome: questo è il vostro nuovo nome.”

Il Giorno della Memoria, nella scuola primaria, è rimasto forse l'unica occasione di parlare di Shoah dopo che è stato stabilito che con il curricolo di storia si arrivi alla caduta dell'impero romano.
Domani mattina, per iniziare a parlare di Shoah con i miei bambini di classe prima, leggeremo il noto albo illustrato di Tomi Ungerer, “Otto, autobiografia di un orsacchiotto”.

La cosa che cominceremo a fare, sarà quella di imparare una concetto fondamentale che ci insegna il territorio che viviamo, cioè che “le parole fanno cose”.

La parola-cosa-potere sarà STELLA, la stella gialla cucita sul petto di David, amico inseparabile di Oskar e dell'orsetto di pezza Otto, che è riuscita a separarli con la crudeltà delle leggi razziali e con l'atrocità della deportazione.
Ma le parole salvano, questa albo insegna anche questo. E così, la storia (le parole quindi) di un vecchio anziano di nome Oskar, che ha ritrovato il suo orsacchiotto in America in un negozio di un rigattiere, finirà sui giornali di tutto il mondo e riunirà i tre amici. David era sopravvissuto al campo di concentramento. L'albo finisce con l'orsetto che sta scrivendo a macchina:

Ora niente doveva più dividerci!
Decidemmo di rimanere uniti e
cercammo una casa per tutti e tre.
Finalmente la vita è come deve essere:
pacifica e normale.
E per non annoiarmi ho cominciato a
scrivere la nostra storia”

Le parole fanno cose... anche memoria.

venerdì 24 gennaio 2020

“UN EQUIPAGGIAMENTO MOLTEPLICE TRA ACQUE E TERRE, MA PIU' SPESSO FANGO”(1)


Prima di iniziare a descrivere un percorso tra i tanti sperimentati con il ciclo precedente, ma che considero esemplificativo ed esemplare, credo sia opportuno delineare, brevemente e schematicamente, “l'equipaggiamento” con cui mi sono messa in viaggio.
Il nome, che ho dato al mio fare scuola, spiega questo equipaggiamento, è lo zaino del viaggiatore che contiene solo l'essenziale. E al formarsi di questo zaino si è svuotata, in modo direttamente proporzionale, la borsa con cui vado a scuola, fino a quando il suo contenuto si è ridotto ad un quaderno, un'agenda leggera ed un piccolo astuccio, accompagnato talvolta da una cartellina con un po' di materiale che avevo scritto.
Apriamo lo zaino:
il TERRITORIO quale EDUCATORE INNOVATIVO
1. Il TERRITORIO è il sostantivo che da sostanza, materia e significato e, secondo la definizione di Claudio Greppi, “è un opera d'arte: forse la più alta, la più corale che l'umanità abbia espresso. A differenza delle molte opere artistiche o tecniche prodotte dall'uomo plasmando la materia, il territorio è prodotto attraverso un dialogo, una relazione fra entità viventi, l'uomo stesso e la natura, nel tempo lungo della storia. (….) un neoecosistema in continua trasformazione”.(2) 

Partendo da questa definizione ho elaborato una mia mappa della didattica del territorio come educatore innovativo che mi orienta e guida nei cammini sconosciuti, talvolta impervi:


  1. Il territorio è un “EDUCATORE muto, che non ha parole ma una semantica ricca che sa parlare direttamente alla nostra biologia, al nostro senso di appartenenza. Esso ci educa perché ci insegna chi siamo, da dove veniamo, qual è la nostra storia, ad orientarci nello spazio e nel tempo, ad ancorare la nostra esperienza, a rappresentarci fisicamente la mappa dei nostri concetti, la rete di connessioni tra le conoscenze, esperienze, aspettative, e proiezioni(3). Il territorio ci insegna anche le relazioni, non solo tra uomo e natura, ma anche tra discipline. Infatti, come indicato nelle Indicazioni Nazionali per il Curricolo: “il punto di convergenza (tra storia, geografia, italiano ed arte, in modo particolare) sfocia nell'educazione al territorio, intesa come esercizio della cittadinanza attiva e nell'educazione all'ambiente e allo sviluppo”(p. 56).
  2. Infine, il territorio quale educatore, ha insito in se stesso i sette elementi della didattica innovativa che sono stati delineati nel Convegno di Rimini del 13 ottobre 2018; per questo penso che, a buon diritto, possa dirsi “INNOVATIVO”: si offre come campo d'esperienza; è l'emblema dell'accoglienza delle differenze; si presta come campo della dimensione emozionale; ci mostra il valore dell'efficacia; condensa mille esempi di collaborazione; stimola la creatività; è la realtà.
Chiudo con questa riflessione. 

La didattica del territorio quale educatore innovativo è una didattica per una Scuola che offre al bambino l'occasione di agire nel mondo (quello che vive) con tutto se stesso, in modo unitario.

I territori che il bambino incontra via, via, in una estensione spazio/temporale che va dal vicino al lontano, dal locale al globale, secondo una logica multiscalare, sono la sicurezza che la necessità biologica e culturale di unitarietà, è assicurata e, quindi, il benessere collegato allo stare a scuola, e forse oltre.
Inizia il viaggio.


1. In “Logiche di terre e acque” di Marina Bertoncin, Cierre edizioni, 2004
2. In “Il progetto locale” di Alberto Magnaghi, Bollati Biringhieri, 2003
3. In “Il territorio come educatore: esperienza di de-costruzione e ri-costruzione di una criticità territoriale in campo educativo”, di Luana Milan – relazione finale Facoltà di Scienze della formazione UniPd a.a. 2007/2008

giovedì 23 gennaio 2020

LA FINE E' IL MIO INIZIO

Inizio questo viaggio prendendo a prestito il titolo dell'ultimo libro di Tiziano Terzani che ha scritto a quattro mani con il figlio Folco poco prima di andarsene, “La fine è il mio inizio”.
Il mio essere insegnante, più che il fare l'insegnante, mi ha portato a capire che ogni ciclo di alunni che ho lasciato, e' stata una storia che finiva ma che, contemporaneamente, mi preparava a quella che veniva dopo. E questa consapevolezza, mi sto rendendo conto in queste ultime settimane, si è rafforzata con il tempo, per accumulo, come accade ad un territorio che diventa tale per stratificazioni successive. Ma, al contempo, io mi sento anche, per dirla con le parole del poeta veneto Andrea Zanzotto, “una specie di spoletta, che si aggira in mezzo, che cuce e trapunge il paesaggio (1)”.

Questa complessità del sentirsi contemporaneamente territorio e attore del territorio, è una bellezza che vivo, difficile da spiegare. E questa relazione attore-territorio che coesiste in me-insegnante, alla fine, credo sia il mio “fare scuola”, la mia pedagogia, la mia didattica, la didattica che sono arrivata a chiamare “Didattica del territorio quale educatore innovativo” e che, da oggi, condivido.

Il concetto di “Territorio come educatore” è radicato al convincimento che, da quando nasciamo, siamo immersi in vari territori che diventano più ampi con il trascorrere del tempo e con la nostra capacità di viverli e comprenderli. Il tempo e lo spazio, quindi, determinano noi stessi, il territorio e le relazioni che intessiamo con esso e con gli altri.
Perciò, la multiscalarità che legge il percorso dall'io al noi, dall'individuo all'umanità, dal vicino al lontano, dal locale al globale, la multidisciplinarietà e la pluralità dei linguaggi, sono i tre pilastri della didattica del territorio quale educatore innovativo.
Dunque, il primo passo che compio in questo inizio, che coincide anche con l'inizio di un nuovo ciclo con una nuova classe, sarà quello di ripercorrere con lo strumento della lettura territoriale, un percorso esemplare ed esemplificativo sperimentato con il ciclo precedente, e da qui ripartire con il nuovo progetto delineato per i prossimi cinque anni che ci aspettano. Per inciso: credo che nella didattica, sperimentare, sia l'unica azione possibile perché “nulla due volte accade, né accadrà (2), i bambini cambiano, noi cambiamo, il contesto cambia, tutto cambia e, per questo, è un continuo sperimentare.

Sono il territorio che sono, come insegnante, grazie a due maestri e a loro va la mia riconoscenza.
Marina Bertoncin che nel percorso universitario mi ha dato l'A-B-C della lettura territoriale, e forma e sostanza alla mia passione per il territorio: lei è lo spazio.
Ennio Borsetti, lo specchio che mi ha permesso, quand'ero bambina, di vedere in me la sua stessa passione per l'insegnamento e per la conoscenza: lui è il tempo.
Questo blog, “Monte d'oro”, ha preso il nome dal giornalino a cui aveva dato vita con i suoi alunni il giovanissimo maestro Borsetti che, alla fine della guerra, seguendo l'esempio dei grandi pedagogisti, era stato mandato in un territorio difficile, povero, analfabeta, ma dove la Scuola aveva scommesso portando la sperimentazione di un tempo pieno ante litteram e di metodi innovativi.
Quel giornalino era il simbolo della conoscenza che può portare il cambiamento e della fiducia in una scuola che mette al centro l'ascolto del bambino e del territorio.
Ai miei due maestri e alla fiducia nella scuola dedico questo blog.

(1) In “Ritratti - Andrea Zanzotto” di Carlo Mazzacurati, Marco Paolini, ed. Biblioteca dell'immagine - 2001
(2) In “Elogio dei sogni” di Wislawa Szymborska, ed. Rizzoli - 2011