Inizio
questo viaggio prendendo a prestito il titolo dell'ultimo libro di
Tiziano Terzani che ha scritto a quattro mani con il figlio Folco
poco prima di andarsene, “La fine è il mio inizio”.
Il
mio essere insegnante, più che il fare l'insegnante, mi ha portato a
capire che ogni ciclo di alunni che ho lasciato, e' stata una storia
che finiva ma che, contemporaneamente, mi preparava a quella che
veniva dopo. E questa consapevolezza, mi sto rendendo conto in queste
ultime settimane, si è rafforzata con il tempo, per accumulo, come
accade ad un territorio che diventa tale per stratificazioni
successive. Ma, al contempo, io mi sento anche, per dirla con le
parole del poeta veneto Andrea Zanzotto, “una
specie di spoletta, che si aggira in mezzo, che cuce e trapunge il
paesaggio (1)”.
Questa complessità del sentirsi contemporaneamente territorio e attore del territorio, è una bellezza che vivo, difficile da spiegare. E questa relazione attore-territorio che coesiste in me-insegnante, alla fine, credo sia il mio “fare scuola”, la mia pedagogia, la mia didattica, la didattica che sono arrivata a chiamare “Didattica del territorio quale educatore innovativo” e che, da oggi, condivido.
Il
concetto di “Territorio come educatore” è radicato al
convincimento che, da quando nasciamo, siamo immersi in vari
territori che diventano più ampi con il trascorrere del tempo e con
la nostra capacità di viverli e comprenderli. Il tempo e lo spazio,
quindi, determinano noi stessi, il territorio e le relazioni che
intessiamo con esso e con gli altri.
Perciò,
la multiscalarità che legge il percorso dall'io al noi,
dall'individuo all'umanità, dal vicino al lontano, dal locale al
globale, la multidisciplinarietà e la pluralità dei linguaggi, sono
i tre pilastri della didattica del territorio quale educatore
innovativo.
Dunque,
il primo passo che compio in questo inizio, che coincide anche con
l'inizio di un nuovo ciclo con una nuova classe, sarà quello di
ripercorrere con lo strumento della lettura territoriale, un percorso
esemplare ed esemplificativo sperimentato con il ciclo precedente, e
da qui ripartire con il nuovo progetto delineato per i prossimi
cinque anni che ci aspettano. Per inciso: credo che nella didattica,
sperimentare, sia l'unica azione possibile perché “nulla due
volte accade, né accadrà” (2),
i bambini cambiano, noi cambiamo, il contesto
cambia, tutto cambia e, per questo, è un continuo sperimentare.
Sono
il territorio che sono, come insegnante, grazie a due maestri e a loro
va la mia riconoscenza.
Marina
Bertoncin che nel percorso universitario mi ha dato l'A-B-C della
lettura territoriale, e forma e sostanza alla mia passione per il
territorio: lei è lo spazio.
Ennio
Borsetti, lo specchio che mi ha permesso, quand'ero bambina, di
vedere in me la sua stessa passione per l'insegnamento e per la
conoscenza: lui è il tempo.
Questo
blog, “Monte d'oro”, ha preso il nome dal giornalino a cui aveva
dato vita con i suoi alunni il giovanissimo maestro Borsetti che,
alla fine della guerra, seguendo l'esempio dei grandi pedagogisti,
era stato mandato in un territorio difficile, povero, analfabeta, ma
dove la Scuola aveva scommesso portando la sperimentazione di un
tempo pieno ante litteram e di metodi innovativi.
Quel
giornalino era il simbolo della conoscenza che può portare il
cambiamento e della fiducia in una scuola che mette al centro
l'ascolto del bambino e del territorio.
Ai
miei due maestri e alla fiducia nella scuola dedico questo blog.
(2) In “Elogio dei sogni” di Wislawa Szymborska, ed. Rizzoli - 2011