venerdì 27 marzo 2020

UN GRANDE GIORNO DI NIENTE (3^ parte)


E' arrivato il momento di avviare il primo percorso che porterà i bambini a conoscere lo strumento della MAPPA VERBO-VISUALE, come uno degli strumenti privilegiati della lettura territoriale e del paesaggio, nel contesto della “didattica del territorio quale educatore innovativo” che ho ideato e sto sperimentando in questi ultimi sei anni anni.
La prima lezione per i bambini è: imparare lo sguardo.

Tutto è iniziato la scorsa settimana con una delle nostre “letture del buongiorno” (vedi qui), quella dell'albo UN GRANDE GIORNO DI NIENTE di Beatrice Alemagna.
Dalle scelte della frase preferita dei bambini, avevo tratto alcune parole-chiave che tessevano il percorso del protagonista nei dintorni della casa, uscito sotto la pioggia perché fagocitato dalla noia, verso il ritrovamento di un “tesoro” inaspettato.
Partendo da queste parole-chiave, ho disegnato la mappa verbo-visuale della storia. Doveva rappresentare un modello per i bambini da cui trarre spunto.




La seconda video lezione del mattino di questo percorso, è iniziata con la consueta “storia del buongiorno”: LE SCIMMIE IN VIAGGIO di Gianni Rodari (in 100 ANNI RODARI, ed. Einaudi Ragazzi, 2020).

Non una scelta casuale, visto che le scimmie in questione, al pari del bambino della storia di Beatrice Alemagna, fanno un “viaggio” nel proprio zoo, solo che, a differenza del nostro avventuroso annoiato, “non erano uscite dalla gabbia”, utilizzando la metafora di Rodari. In pratica non avevano usato lo sguardo dell'ascolto del territorio, quello cioè che permette la sua lettura. E alla fine del viaggio avevano concluso: “Com'è noioso il mondo: si vedono sempre le stesse cose. E viaggiare non serve proprio a niente”.
Partendo da questo input narrativo, ho mostrato la mappa che avevo disegnato e con essa ho raccontato di nuovo la storia, questa volta con uno sguardo che parlava della relazione del bambino con lo spazio e con il tempo, e la sua trasformazione personale attraverso la relazione con il territorio che percorreva. In poche parole ho delineato, in modo metaforico, adatto all'età, gli elementi base della lettura territoriale.

Infine ho lanciato l'attività che ho scritto, e mandato alle famiglie, nel loro primo timetable:

MA 24
(da solo/a)
1. Come il protagonista di UN GRANDE GIORNO DI NIENTE, esci da solo/a in giardino o in cortile e fai un “viaggio” a caccia del tuo TESORO.
Che cos'è il tuo tesoro? Lo saprai solo quando lo avrei trovato.
Lasciati trasportare da quello che vedi, senza una meta. Cammina come se fossi lì per la prima volta, come se fossi in un posto sconosciuto.
Prenditi il tempo che ci vorrà, non avere fretta.
Lasciati sorprendere. Guarda, ascolta. Fermati, siediti o stenditi a terra. Chiudi gli occhi, ascolta, annusa l'aria. Tocca gli alberi, l'erba, i fiori. Se trovi qualcosa di particolare, e lo puoi prendere, portalo con te.
Quando sentirai di aver trovato il tuo tesoro, torna a casa.
2. Prima di dimenticarti, disegna solo a matita la MAPPA DEL TESORO (tipo quella che vi ho mostrato nel video stamattina), del PERCORSO che hai fatto nel tuo viaggio. Ricorda, non c'è giusto o sbagliato, ma solo la mappa che hai nella tua immaginazione. Essa è giusta.
2. Scrivi per ogni tappa del tuo percorso una PAROLA-CHIAVE, che rappresenta l'emozione, la sensazione che hai sentito, quel che hai visto, la parola che senti giusta per rappresentare quel momento e quel luogo.
ME 25
(da solo/a)
Colora la tua mappa del tesoro con cura.
Condividi la foto della mappa sul gruppo whatsApp

GI 26
(con aiuto)
1. Guardando la tua mappa, scrivi in brutta copia la storia del tuo percorso. Non c'è giusto o sbagliato: buttati e scrivi con la mente e il cuore aperti!!!
2. Rileggi la tua storia, correggi gli errori. Qui puoi farti aiutare dai genitori.
VE 27
(da solo/a)
Riscrivi in bella copia la tua storia sul quaderno.
Condividi la foto del testo sul gruppo whatsApp

Questo lavoro, se effettuato a scuola, avrebbe previsto attività di lavoro a gruppi, condivisioni collettive, ma il tempo che viviamo ci impone dei cambiamenti.
In questo modo ho tentato comunque una condivisione delle mappe utilizzando il canale del gruppo whatsApp genitori di classe.

Da notare che, in questa primissima fase le mappe verbo-visuali le ho chiamate “mappe del tesoro”.

Queste sono le mappe dei bambini.
Esse sono il mio tesoro prezioso in questo magnifico inizio di viaggio.























martedì 24 marzo 2020

UN GRANDE GIORNO DI NIENTE (2^ parte)


Ho concluso il post precedente (vedi qui  https://lumagira.blogspot.com/2020/03/un-grande-giorno-di-niente-1-parte.html) dicendo che mi sarei messa a seguire, come Hansel e Gretel, le “bricioline” lasciate nel bosco dai bambini.

Quando qualcuno cerca qualcosa,
accade facilmente che il suo occhio perda
la capacità di vedere ogni altra cosa
(in “Siddharta” di Herman Hesse, ed. Adelphi, 2000)

Oggi è un giorno importante perché è arrivato il momento di avviare il nostro percorso che ci porterà, nell'arco dei cinque anni, a mettere le basi della lettura territoriale e del paesaggio.
La prima lezione è questa: imparare lo sguardo.

Ed inizio dal mio sul nuovo territorio-scuola che mi-ci troviamo a vivere.


Tutto deve essere costruito considerando i nuovi fattori ed elementi del “territorio-scuola”, che stiamo vivendo in questo momento di emergenza sanitaria.

Prima del lancio del percorso di questa mattina, con il consueto video LA STORIA DEL BUONGIORNO, il giorno prima, è stato necessario ritessere con i genitori prima (attraverso una lettera), e con i bambini poi (attraverso un video), il senso di questo nuovo “fare scuola” che vuole tentare di continuare un lavoro il più simile possibile a quello che facciamo a scuola. Un lavoro quindi che non è un semplice completare pagine, fare esercizi, ma un percorso educativo-didattico a partire da una storia, che ci permetta di comunicare con noi stessi e con gli altri.

Questa che viviamo è una situazione a cui nessuno, in nessun settore della vita era preparato. Non lo potevamo essere, perché è una condizione che nessuno poteva immaginare se non vivendola, come i racconti dei sopravvissuti dei campi di concentramento: nessuno li credeva veri perché era qualcosa che andava oltre l'immaginabile.
E neanche la Scuola e la famiglia, come sistemi fatti di singole persone, sono preparati.
Mi ha fatto molto pensare una cosa che ha detto un alunno in un video postato sulla chat dei genitori di classe: “noi qui in campagna siamo liberi” (cioè nelle piccole frazioni), rispetto agli altri compagni che vivono nel paese dove c'è la scuola.
Ho pensato con quanta semplice verità parlava del “punto di vista” su questa situazione, come ciascuno di noi, attori del gruppo-classe, bambini, genitori ed insegnanti, la sta vivendo.
Ho pensato a me che non ho nemmeno un giardino. Ho pensato ai bambini che vivono nelle città che, spesso, non hanno neanche un terrazzo. Ho pensato a chi è costretto ad andare al lavoro (magari in un ospedale, casa di riposo, uffici pubblici, supermercati) e poi torna a casa temendo per se stesso e di contagiare i suoi famigliari. Ho pensato alle mamme con bambini piccoli, a chi ha quattro figli, ai genitori che lavorano entrambi.
Poi ho pensato a chi vive questo periodo come un tempo finalmente “umano” in cui fare le cose che si amano, pensare un po' a se stessi, stare con i figli. Ho pensato anche a chi fa fatica a stare con se stesso, a chi vive una convivenza difficile e l'obbligo di stare tutti insieme tutto il giorno, crea maggiori attriti.
Punti di vista, appunto.
Allora mi sono messa a pensare anche a ciascuno dei nostri bambini, a come si sarebbe comportato a casa: a scuola c'è un ambiente, degli insegnanti, un'organizzazione, delle regole, un ritmo. Tutti loro vivono la scuola intensamente e con piacere: parliamo, riflettiamo, ascoltiamo tutti, superiamo le difficoltà, facciamo esperienze, le condividiamo, riflettiamo su di esse. Tutti loro lavorano molto, ma a casa, cosa sta succedendo? 

Come il territorio-scuola può trovare un proprio spazio nel territorio- casa?


In tv, nei vari articoli che spopolano in rete, per praticità, si parla di compiti: ecco, il problema è proprio questo, che si vorrebbe cercare di “fare scuola” e non compiti.
E il nostro fare scuola è una didattica “individualizzata”, a ciascuno quello di cui ha bisogno. Ma ora l'individualizzazione riguarda anche i genitori perché ciascuno vive la situazione a suo modo, secondo la sua condizione personale, familiare e lavorativa, e perché la scuola è entrata in casa.

Il Ministro Azzolina ha lanciato per la Scuola questo detto latino: “Ibi semper est victoria, ubi concordia est” (P. Siro). 
La mia personale preoccupazione, in questo smarrimento collettivo, è quello che queste parole siano interpretate aggrappandosi ai mezzi che ci sembrano più globalizzanti, le piattaforme, ma che non possono essere sinonimo di unione tra le persone.
C'è uno slogan televisivo “#lontanimavicini” che sembra adatto alla situazione scolastica: tradotto concretamente significa “farsi prossimo”. Ma chi è il mio prossimo? Mi sono ricordata una lettura di diversi anni fa.
Enzo Bianchi e Massimo Cacciari in “Ama il prossimo tuo” (ed. Il Mulino) fanno un'analisi teologica e filosofica della parabola del buon Samaritano (Lc 10, 29-38). “Il prossimo è colui al quale io mi faccio prossimo, è colui che decido di incontrare, che rendo vicino incontrandolo”. E prosegue Cacciari: nel racconto: “ “prossimo” cessa dall'avere qualsiasi riferimento “spaziale”. Non designa uno “stato”, ma l'agire di colui che si ad-prossima. Prossimo è chi si fa prossimo”. Quindi sono io che devo avvicinarmi a chi ha bisogno.
Individualizzare è, perciò, secondo me, farsi prossimo.




Allora mi sono chiesta, come riuscire ad “individualizzare” le attività in questo contesto?

Dunque, ho deciso, dopo aver comunicato ai genitori le cose che ho fin qui esposto, che l'indomani avrei mandato un video ai bambini dove la lettura del buongiorno era sostituita da un discorso importante, con il tono affettuoso della verità che precede la verità cognitiva, la verità che è nel seno della fiducia(citazione dall'intervento di Andrea Canevaro durante il convegno “Un nuovo sguardo sulla disabilità...il deserto fiorito” - Rovigo 21/03/16) che parlava di cosa è importante imparare a scuola (comunicare, comprendere, pensare, scegliere, progettare), della fiducia, della responsabilità e dell'autonomia.
Perciò abbiamo stretto un patto in cui ciascuno si impegnava a progettare a casa un proprio spazio/tempo scuola, e a rispettare.












Il territorio-scuola a casa è stato delimitato dagli attori in modo partecipato.

Ora si riparte.

mercoledì 18 marzo 2020

UN GRANDE GIORNO DI NIENTE (1^ parte)


L'appuntamento quotidiano con il video LA STORIA DEL BUONGIORNO è continuato.
Ogni giorno ci ritroviamo nella nostra agorà virtuale, io leggo, loro ascoltano da casa.
Ma la cosa, inaspettatamente, ha preso vita, nel senso che si è innescato un circolo virtuoso di lancio-ascolto-rimando tra noi.

Senza la condivisione dei genitori che hanno colto il messaggio che ho scritto loro prima di avviare il lavoro che vado qui a raccontare, non sarebbe possibile. E anche questo è un altro dono di questa cosa nuova: forse mai come ora i genitori sono partecipi del lavoro scolastico, ma non in senso esecutivo, ma nel senso di una vera condivisione del senso nel fare, nello sperimentare e nel riflettere sugli stessi temi su cui stanno lavorando i bambini.
Ho spiegato loro, infatti, che vorrei tentare di fare un lavoro il più simile possibile a quello che facciamo a scuola, un lavoro quindi che non è un semplice completare pagine, fare esercizi, ma un percorso educativo-didattico a partire da una storia, che ci permetta di un comunicare con noi stessi e con gli altri, di continuare a costruire il gruppo classe e a sviluppare.
E tutto questo, infine, per tentare di non abbandonare il percorso educativo-didattico “Alberi che camminano” che il 25 febbraio ha visto l'avvio della seconda fase:

    L’ALBERO
L'albero aveva paura che il piccolo seme partisse e si perdesse chissadove”
Ascoltare l’altro
  • accogliere ciascuno nella sua diversità
  • comprendere ed accettare i diversi punti di vista
  • valorizzare le differenze
  • imparare a collaborare

I video, le foto, i messaggi che i bambini postano sul gruppo washapp-classe dei genitori, mi ha ricordato un albo che trovo straordinario: UN GRANDE GIORNO DI NIENTE di Beatrice Alemagna, ed. Topipittori, 2016.



Parla di noia. Non solo.

Parla, come ha spiegato l'autrice stessa in un articolo, del “tempo vuoto”, quello che sta vivendo ora buona parte di noi, adulti e bambini. 
Ma annoiarsi”, prosegue l'autrice, “significa avere la possibilità di sognare e che sognare è un atto necessario alla costruzione di noi stessi. (…) è un tempo privilegiato per osservare, riflettere, immaginare, creare. Il tempo vuoto, senza obblighi né faccende da sbrigare o attività prestabilite, è quello spazio elastico che permette al bambino -ma anche a noi adulti- di trovare se stesso. (…) Penso che la noia debba essere un diritto per tutti, il momento in cui imparare a realizzare che la noia è libertà”.
I temi che affronta questo albo sono davvero infiniti, un tesoro che si dischiude sotto le nostre mani, come capita al protagonista nel punto centrale della storia.

Poi la terra cominciò a brillare come se dentro ci fosse un tesoro

L'albo è uno SPECCHIO, oltre ad uno SPAZIO che il protagonista percorre, e noi con lui.

Lunedì, quindi, ho letto questo albo ed ho spedito loro il file del testo integrale diviso per capoversi corrispondenti alle pagine dell'albo: ciascuno doveva copiare sul quaderno la parte preferita, motivando la sua scelta.













 
Stamattina la lettura del buongiorno è stata quella delle loro frasi. Mentre leggevo, mostravo loro la pagina dell'albo a cui si riferivano le loro parole. Qualche volta la pagina era la stessa per più bambini.
Ho contrassegnato ciascuna pagina con un post-it che riportavano il nome del/i bambino/i e una parola-chiave che a mio avviso sintetizzava il senso delle loro affermazioni. Questo passaggio, se fossimo stati a scuola, lo avremmo fatto insieme.



Come nella favola di Hansel e Gretel, seguo le bricioline nel bosco, che ci porteranno “chissadove”....

venerdì 13 marzo 2020

IL SENSO DELLE ALI


Riprendo a scrivere oggi per dire che da ieri sera sto sentendo che niente sarà come prima.
Che quando si fermerà questa centrifuga in cui siamo finiti, tanta parte dell'umanità avrà visto con altri occhi e quindi niente potrà essere come prima.
Che dopo aver sperimentato le vere priorità della vita e l'empatia per la tragedia che, se non ha toccato noi, ha devastato altri, non vorremo più essere immersi in squallidi teatrini come prima e cercheremo la verità.
Che dopo aver ritrovato un senso più umano del tempo, non potremo ritornare alla frenesia di prima.
Che dopo esserci commossi per l'abnegazione di medici ed infermieri, che è arrivata al limite del sacrificio di sé, non potremo più accettare che la nostra vita sia in mano al “nulla” di personaggi-immagine perché avremo capito che è la competenza che ci ha salvati, e che la competenza è IL valore in qualsiasi lavoro.
Che dopo aver drammaticamente realizzato sulla nostra pelle che l'uomo non governa niente, nemmeno la sua vita, e che la società e l'economia possono essere messe in ginocchio in un attimo, allora niente potrà essere pensato come prima.

Che il tema della cittadinanza è il vero sfondo integratore e punto di partenza di tutte le discipline, (…) e riguarda tutte le grandi aree del sapere, (…) in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo”, come delineato nelle Indicazioni Nazionali Nuovi Scenari, non è uno slogan, ma parole che devono “incarnarsi” nell'esperienza scolastica quotidiana.


Questo è il nuovo umanesimo quello che spero di vedere quando riapriremo gli occhi.
Per me la linea spartiacque tra un prima e un “ora”, è stata il 10 marzo.
Per il momento, il “dopo” non riesco ancora ad immaginarlo.
Il 10 marzo ha segnato il momento in cui la situazione è precipitata e non si poteva più “perdere tempo”: tutti a casa.
E da lì, improvvisamente, chi è a casa dal lavoro, ha avuto “tutto il tempo” perché nessuno sta pensando che il termine del 3 aprile del “tutti a casa” possa essere vero, e quindi la nozione di tempo ha iniziato a sfilacciarsi, a mettere in crisi il nostro senso dell'efficienza, del fare, del procedere per obiettivi e scadenze.
Io, come insegnante, ho vissuto il “prima” 10 marzo come una specie di vacanza forzata. Mi sono messa, come tutti, a dare compiti: i libri di testo, che non usiamo mai in realtà, ma che forse sarebbero stati pratici in quel momento, erano rimasti a scuola. Così ho inventato attività, anche accattivanti, ma sempre legate alla lettura e scrittura.
Poi la sera del 9 marzo l'annuncio del capo del Governo, e la gravità che avevo intuito da qualche giorno in virtù della quale avevo già deciso di rimanere “a casa” ma che, come tutti, cercavo di minimizzare dicendo che la situazione non sarebbe esplosa, ha fatto scattare un click dentro di me.

Sono andata a dormire pensando ai miei bambini di prima, all'inutilità per loro dei “compiti” scritti sullo sterile registro elettronico. Di che cosa avevano bisogno veramente? Che cosa caratterizzava il NOI del gruppo classe che stavamo costruendo pian piano e che ora rischiava di dissolversi.

Al mattino mi sono svegliata sapendo cosa fare.
Avevamo tutti bisogno di una cosa semplice: di ritrovare la nostra routine dello stare in cerchio per la STORIA DEL BUONGIORNO perché, come dice Gianni Rodari nella locandina che abbiamo nell'angolo agorà

Una bella giornata inizia sempre con una bella storia


angolo agorà LA STORIA DEL BUONGIORNO

Così ho lasciato che la creatività mi conducesse. Mi è venuto spontaneo creare un angolo lettura a casa mia in cui ogni giorno girare un video in cui leggo, comunico, ma anche lancio delle attività da fare insieme, rispondendo a comunicazioni dei bambini del giorno prima.
Ho inventato anche il personaggio di “Coronapuzzone”, un personaggio-medium per leggere, in chiave fantastica, una paura difficilmente comprensibile che i bambini stanno vivendo, per comunicare loro, in modo divertente, le regole importanti da seguire.

"Coronapuzzone", personaggio-medium

Per ora mi lascio guidare da quel che arriva, dagli spunti dei bambini, come quello di ieri quando, aderendo all'iniziativa comunale di mettere fuori casa l'arcobaleno “Andrà tutto bene”, mi hanno mandato le foto delle loro opere. E mi è venuto spontaneo leggerlo come un'opportunità didattica.
Così, ad esempio, la lettura del buongiorno di oggi è stata UN GIORNO, SENZA UN PERCHE' (di Davide Calì, Monica Barengo – ed. Kite -2014), per riflettere sul fatto che tutto ha un perché, il punto è capire qual è, e che anche le cose che inizialmente sono incomprensibili, brutte, che ci rendono tristi (come un paio di ali spuntate al signor I. un giorno dal nulla), hanno un senso, portano delle cose buone, dei pensieri importanti. Serve il senso della speranza.
Allora ho costruito un prototipo di “diario dell'andrà tutto bene”, in cui ogni colore dell'arcobaleno simboleggia dei pensieri: i pensieri rossi, arancioni, gialli, ecc.
Ho proposto loro di fare altrettanto e scrivere i pensieri, che condivideremo, dando a ciascuno un colore: pensieri belli, strani, originali, che ci vengono in mente in questo periodo in cui siamo in casa e in cui la nostra vita è molto diversa da prima.
...in attesa di capire perché ci sono spuntate le ali.

UN GIORNO, SENZA UN PERCHE'
di Davide Calì, Monica Barengo – ed. Kite -2014