giovedì 16 aprile 2020

IL VECCHIO CHE LEGGEVA ROMANZI D'AMORE


Oggi un amico, che non vedo da anni, ha postato una foto sul suo stato wathsapp.
Vedo un ventaglio di libri...leggo la frase.
Mi metto allora a leggere i titoli, perché forse ho capito male.
La foto è simile a questa mia.





E' stato come quando un caro amico ti chiama per dirti che un amico comune è scomparso improvvisamente. E tu non capisci subito. Esiti, e ripeti “come?... è morto?”.
Sì, è morto Luis Sepùlveda.

Poi questo mio carissimo amico, che i libri mi hanno fatto incontrare tanti anni fa, mi ha mandato la foto di una pagina di un libro sottolineata da lui chissà quanto tempo fa.

Il libro è IL VECCHIO CHE LEGGEVA ROMANZI D'AMORE.

La pagina è la trentacinque.
La frase sottolineata è questa.



Leggeva lentamente, mettendo insieme le sillabe, mormorandole a mezza voce come se le assaporasse, e quando dominava tutta quanta la parola, la ripeteva di seguito. Poi faceva lo stesso con la frase completa, e così si impadroniva dei sentimenti e delle idee plasmati sulle pagine”.

Che dono prezioso.
E' stato come se queste parole fossero riemerse da un posto profondo di me.
Erano sedimentate lì dal '95, anno in cui ho letto il libro.
Ed ora le ritrovo, le riconosco, e mi dico che sono la carne della mia didattica della lingua, della “lingua madre” che Luis Sepulveda chiamava “la patria”, l'unica vera patria che ha una persona.

Addio Luis e grazie!!!