“Abbiamo
bisogno di contadini,
di
poeti, gente che sa fare il pane,
che
ama gli alberi e riconosce il vento.
Più
che l’anno della crescita,
ci
vorrebbe l’anno dell’attenzione. Attenzione
a chi cade, al sole che nasce
e
che muore, ai ragazzi che crescono,
attenzione
anche a un semplice lampione,
a
un muro scrostato.
Oggi
essere rivoluzionari significa togliere
più
che aggiungere, rallentare più che accelerare,
significa
dare valore al silenzio, al buio, alla luce,
alla
fragilità, alla dolcezza”.
(da
“Cedi la strada agli alberi”, di Franco Arminio. Ed.
Chiarelettere)
“(...)
Chi può
Arruolare
il bosco, ordinare all'albero
Di
svellere le sue radici piantate a terra?
Dolci
profezie.”
(in
Macbeth, cap. IV.1)
Molti scrittori
raccontano che, a volte, di una loro opera è arrivato prima il
titolo: esso conteneva già tutto, come una porta che si spalanca su
un mondo sconosciuto in cui entrare con curiosità, timore forse, ma
tanto desiderio.
“Alberi
che camminano”,
il titolo del progetto
educativo-didattico quinquennale pensato per la classe prima che ho
incontrato quest'anno, è
stato questo.
Perché
“alberi che camminano?”.
Perché
gli alberi, nella loro forma, così simili a uomini con le braccia
protese al cielo, ma con i piedi radicati a terra, sono sempre stati
la metafora del cammino dell'uomo che, con caparbia volontà sviluppa
il proprio essere, cioè il proprio seme, adattandosi agli ambienti e
a ciò che la vita gli pone davanti, sempre protesi verso qualcosa di
più alto, il senso della vita.
Lo
spiega bene Susanna Tamaro nel suo ultimo libro, “Alzare lo
sguardo, il diritto di crescere, il dovere di educare” (ed. i
Solferini -2019), parlando della scuola:
“A
un certo punto della loro crescita (cioè
dei bambini),
qualcuno
ha offerto loro la possibilità di radicarsi.
Si
torna così alle lezioni delle elementari. Prima di far spuntare le
foglie, il fagiolo, avvolto nell'ovatta umida sul davanzale della
finestra in classe, sviluppa una radice. Oh, meraviglia! Per andare
verso l'alto bisogna prima scendere verso il basso.
Niente
fondamenta, niente crescita.
Vale
per gli uomini, vale per le case, vale per tutto ciò che deve
ergersi in altezza e durare nel tempo”.
Oltre
a questi aspetti educativi che riguardano la cura, l'attenzione, il
radicamento e il silenzio perché l'albero possa crescere secondo il
seme, si è creato anche il percorso parallelo, ma completamente
integrato che riguarda la conoscenza del territorio che, nei cinque
anni che ci aspettano, si svilupperanno di pari passo.
ALBERI CHE CAMMINANO: rappresentazione del percorso didattico del territorio |
Il
territorio è quello del Delta, un territorio incerto, sempre in
cambiamento, come è quello educativo, come è un bambino in
crescita, ma anche noi insegnanti quando ci lasciamo guidare
dall'ascolto del bambino stesso, sempre in bilico tra esperienza e
improvvisazione.
Conoscere,
e quindi amare, il proprio territorio territorio, educa uomini capaci
di comprendere e vivere il mondo in modo attivo e sostenibile.