martedì 3 marzo 2020

ALBERI CHE CAMMINANO (2^ parte)


Abbiamo bisogno di contadini,
di poeti, gente che sa fare il pane,
che ama gli alberi e riconosce il vento.
Più che l’anno della crescita,
ci vorrebbe l’anno dell’attenzione. Attenzione a chi cade, al sole che nasce
e che muore, ai ragazzi che crescono,
attenzione anche a un semplice lampione,
a un muro scrostato.
Oggi essere rivoluzionari significa togliere
più che aggiungere, rallentare più che accelerare,
significa dare valore al silenzio, al buio, alla luce,
alla fragilità, alla dolcezza”.
(da “Cedi la strada agli alberi”, di Franco Arminio. Ed. Chiarelettere)

(...) Chi può
Arruolare il bosco, ordinare all'albero
Di svellere le sue radici piantate a terra?
Dolci profezie.”
(in Macbeth, cap. IV.1)

Molti scrittori raccontano che, a volte, di una loro opera è arrivato prima il titolo: esso conteneva già tutto, come una porta che si spalanca su un mondo sconosciuto in cui entrare con curiosità, timore forse, ma tanto desiderio.
Alberi che camminano”, il titolo del progetto educativo-didattico quinquennale pensato per la classe prima che ho incontrato quest'anno, è stato questo.
Perché “alberi che camminano?”.
Perché gli alberi, nella loro forma, così simili a uomini con le braccia protese al cielo, ma con i piedi radicati a terra, sono sempre stati la metafora del cammino dell'uomo che, con caparbia volontà sviluppa il proprio essere, cioè il proprio seme, adattandosi agli ambienti e a ciò che la vita gli pone davanti, sempre protesi verso qualcosa di più alto, il senso della vita.
Lo spiega bene Susanna Tamaro nel suo ultimo libro, “Alzare lo sguardo, il diritto di crescere, il dovere di educare” (ed. i Solferini -2019), parlando della scuola:

A un certo punto della loro crescita (cioè dei bambini), qualcuno ha offerto loro la possibilità di radicarsi.
Si torna così alle lezioni delle elementari. Prima di far spuntare le foglie, il fagiolo, avvolto nell'ovatta umida sul davanzale della finestra in classe, sviluppa una radice. Oh, meraviglia! Per andare verso l'alto bisogna prima scendere verso il basso.
Niente fondamenta, niente crescita.
Vale per gli uomini, vale per le case, vale per tutto ciò che deve ergersi in altezza e durare nel tempo”.

Oltre a questi aspetti educativi che riguardano la cura, l'attenzione, il radicamento e il silenzio perché l'albero possa crescere secondo il seme, si è creato anche il percorso parallelo, ma completamente integrato che riguarda la conoscenza del territorio che, nei cinque anni che ci aspettano, si svilupperanno di pari passo.

ALBERI CHE CAMMINANO: rappresentazione del percorso didattico del territorio
Il territorio è quello del Delta, un territorio incerto, sempre in cambiamento, come è quello educativo, come è un bambino in crescita, ma anche noi insegnanti quando ci lasciamo guidare dall'ascolto del bambino stesso, sempre in bilico tra esperienza e improvvisazione.

Conoscere, e quindi amare, il proprio territorio territorio, educa uomini capaci di comprendere e vivere il mondo in modo attivo e sostenibile.

E questo è l'intento delladidattica del territorio quale educatore innovativo”.