Riprendo
a scrivere oggi per dire che da ieri sera sto sentendo che niente
sarà come prima.
Che
quando si fermerà questa centrifuga in cui siamo finiti, tanta parte
dell'umanità avrà visto con altri occhi e quindi niente potrà
essere come prima.
Che
dopo aver sperimentato le vere priorità della vita e l'empatia per
la tragedia che, se non ha toccato noi, ha devastato altri, non
vorremo più essere immersi in squallidi teatrini come prima e
cercheremo la verità.
Che
dopo aver ritrovato un senso più umano del tempo, non potremo
ritornare alla frenesia di prima.
Che
dopo esserci commossi per l'abnegazione di medici ed infermieri, che
è arrivata al limite del sacrificio di sé, non potremo più
accettare che la nostra vita sia in mano al “nulla” di
personaggi-immagine perché avremo capito che è la competenza che ci
ha salvati, e che la competenza è IL valore in qualsiasi lavoro.
Che
dopo aver drammaticamente realizzato sulla nostra pelle che l'uomo
non governa niente, nemmeno la sua vita, e che la società e
l'economia possono essere messe in ginocchio in un attimo, allora
niente potrà essere pensato come prima.
Che “il tema della cittadinanza è il vero sfondo integratore e punto di partenza di tutte le discipline, (…) e riguarda tutte le grandi aree del sapere, (…) in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo”, come delineato nelle Indicazioni Nazionali Nuovi Scenari, non è uno slogan, ma parole che devono “incarnarsi” nell'esperienza scolastica quotidiana.
Questo
è il nuovo umanesimo quello che spero di vedere quando riapriremo
gli occhi.
Per
me la linea spartiacque tra un prima e un “ora”, è stata il 10
marzo.
Per
il momento, il “dopo” non riesco ancora ad immaginarlo.
Il
10 marzo ha segnato il momento in cui la situazione è precipitata e
non si poteva più “perdere tempo”: tutti a casa.
E
da lì, improvvisamente, chi è a casa dal lavoro, ha avuto “tutto
il tempo” perché nessuno sta pensando che il termine del 3 aprile
del “tutti a casa” possa essere vero, e quindi la nozione di
tempo ha iniziato a sfilacciarsi, a mettere in crisi il nostro senso
dell'efficienza, del fare, del procedere per obiettivi e scadenze.
Io,
come insegnante, ho vissuto il “prima” 10 marzo come una specie
di vacanza forzata. Mi sono messa, come tutti, a dare compiti: i
libri di testo, che non usiamo mai in realtà, ma che forse sarebbero
stati pratici in quel momento, erano rimasti a scuola. Così ho
inventato attività, anche accattivanti, ma sempre legate alla
lettura e scrittura.
Poi
la sera del 9 marzo l'annuncio del capo del Governo, e la gravità
che avevo intuito da qualche giorno in virtù della quale avevo già
deciso di rimanere “a casa” ma che, come tutti, cercavo di
minimizzare dicendo che la situazione non sarebbe esplosa, ha fatto
scattare un click dentro di me.
Sono andata a dormire pensando ai miei bambini di prima, all'inutilità per loro dei “compiti” scritti sullo sterile registro elettronico. Di che cosa avevano bisogno veramente? Che cosa caratterizzava il NOI del gruppo classe che stavamo costruendo pian piano e che ora rischiava di dissolversi.
Al
mattino mi sono svegliata sapendo cosa fare.
Avevamo
tutti bisogno di una cosa semplice: di ritrovare la nostra routine
dello stare in cerchio per la STORIA DEL BUONGIORNO perché, come
dice Gianni Rodari nella locandina che abbiamo nell'angolo agorà
“Una
bella giornata inizia sempre con una bella storia”
angolo agorà LA STORIA DEL BUONGIORNO |
Così ho lasciato che la creatività mi conducesse. Mi è venuto spontaneo creare un angolo lettura a casa mia in cui ogni giorno girare un video in cui leggo, comunico, ma anche lancio delle attività da fare insieme, rispondendo a comunicazioni dei bambini del giorno prima.
Ho
inventato anche il personaggio di “Coronapuzzone”, un personaggio-medium per
leggere, in chiave fantastica, una paura difficilmente comprensibile
che i bambini stanno vivendo, per comunicare loro, in modo
divertente, le regole importanti da seguire.
"Coronapuzzone", personaggio-medium |
Per
ora mi lascio guidare da quel che arriva, dagli spunti dei bambini,
come quello di ieri quando, aderendo all'iniziativa comunale di
mettere fuori casa l'arcobaleno “Andrà tutto bene”, mi hanno
mandato le foto delle loro opere. E mi è venuto spontaneo leggerlo
come un'opportunità didattica.
Così,
ad esempio, la lettura del buongiorno di oggi è stata UN GIORNO,
SENZA UN PERCHE' (di Davide Calì, Monica Barengo – ed. Kite
-2014), per riflettere sul fatto che tutto ha un perché, il punto è
capire qual è, e che anche le cose che inizialmente sono
incomprensibili, brutte, che ci rendono tristi (come un paio di ali
spuntate al signor I. un giorno dal nulla), hanno un senso, portano
delle cose buone, dei pensieri importanti. Serve il senso della
speranza.
Allora
ho costruito un prototipo di “diario dell'andrà tutto bene”, in
cui ogni colore dell'arcobaleno simboleggia dei pensieri: i pensieri
rossi, arancioni, gialli, ecc.
Ho
proposto loro di fare altrettanto e scrivere i pensieri, che
condivideremo, dando a ciascuno un colore: pensieri belli, strani,
originali, che ci vengono in mente in questo periodo in cui siamo in
casa e in cui la nostra vita è molto diversa da prima.
...in attesa
di capire perché ci sono spuntate le ali.
UN GIORNO, SENZA UN PERCHE' di Davide Calì, Monica Barengo – ed. Kite -2014 |