martedì 24 marzo 2020

UN GRANDE GIORNO DI NIENTE (2^ parte)


Ho concluso il post precedente (vedi qui  https://lumagira.blogspot.com/2020/03/un-grande-giorno-di-niente-1-parte.html) dicendo che mi sarei messa a seguire, come Hansel e Gretel, le “bricioline” lasciate nel bosco dai bambini.

Quando qualcuno cerca qualcosa,
accade facilmente che il suo occhio perda
la capacità di vedere ogni altra cosa
(in “Siddharta” di Herman Hesse, ed. Adelphi, 2000)

Oggi è un giorno importante perché è arrivato il momento di avviare il nostro percorso che ci porterà, nell'arco dei cinque anni, a mettere le basi della lettura territoriale e del paesaggio.
La prima lezione è questa: imparare lo sguardo.

Ed inizio dal mio sul nuovo territorio-scuola che mi-ci troviamo a vivere.


Tutto deve essere costruito considerando i nuovi fattori ed elementi del “territorio-scuola”, che stiamo vivendo in questo momento di emergenza sanitaria.

Prima del lancio del percorso di questa mattina, con il consueto video LA STORIA DEL BUONGIORNO, il giorno prima, è stato necessario ritessere con i genitori prima (attraverso una lettera), e con i bambini poi (attraverso un video), il senso di questo nuovo “fare scuola” che vuole tentare di continuare un lavoro il più simile possibile a quello che facciamo a scuola. Un lavoro quindi che non è un semplice completare pagine, fare esercizi, ma un percorso educativo-didattico a partire da una storia, che ci permetta di comunicare con noi stessi e con gli altri.

Questa che viviamo è una situazione a cui nessuno, in nessun settore della vita era preparato. Non lo potevamo essere, perché è una condizione che nessuno poteva immaginare se non vivendola, come i racconti dei sopravvissuti dei campi di concentramento: nessuno li credeva veri perché era qualcosa che andava oltre l'immaginabile.
E neanche la Scuola e la famiglia, come sistemi fatti di singole persone, sono preparati.
Mi ha fatto molto pensare una cosa che ha detto un alunno in un video postato sulla chat dei genitori di classe: “noi qui in campagna siamo liberi” (cioè nelle piccole frazioni), rispetto agli altri compagni che vivono nel paese dove c'è la scuola.
Ho pensato con quanta semplice verità parlava del “punto di vista” su questa situazione, come ciascuno di noi, attori del gruppo-classe, bambini, genitori ed insegnanti, la sta vivendo.
Ho pensato a me che non ho nemmeno un giardino. Ho pensato ai bambini che vivono nelle città che, spesso, non hanno neanche un terrazzo. Ho pensato a chi è costretto ad andare al lavoro (magari in un ospedale, casa di riposo, uffici pubblici, supermercati) e poi torna a casa temendo per se stesso e di contagiare i suoi famigliari. Ho pensato alle mamme con bambini piccoli, a chi ha quattro figli, ai genitori che lavorano entrambi.
Poi ho pensato a chi vive questo periodo come un tempo finalmente “umano” in cui fare le cose che si amano, pensare un po' a se stessi, stare con i figli. Ho pensato anche a chi fa fatica a stare con se stesso, a chi vive una convivenza difficile e l'obbligo di stare tutti insieme tutto il giorno, crea maggiori attriti.
Punti di vista, appunto.
Allora mi sono messa a pensare anche a ciascuno dei nostri bambini, a come si sarebbe comportato a casa: a scuola c'è un ambiente, degli insegnanti, un'organizzazione, delle regole, un ritmo. Tutti loro vivono la scuola intensamente e con piacere: parliamo, riflettiamo, ascoltiamo tutti, superiamo le difficoltà, facciamo esperienze, le condividiamo, riflettiamo su di esse. Tutti loro lavorano molto, ma a casa, cosa sta succedendo? 

Come il territorio-scuola può trovare un proprio spazio nel territorio- casa?


In tv, nei vari articoli che spopolano in rete, per praticità, si parla di compiti: ecco, il problema è proprio questo, che si vorrebbe cercare di “fare scuola” e non compiti.
E il nostro fare scuola è una didattica “individualizzata”, a ciascuno quello di cui ha bisogno. Ma ora l'individualizzazione riguarda anche i genitori perché ciascuno vive la situazione a suo modo, secondo la sua condizione personale, familiare e lavorativa, e perché la scuola è entrata in casa.

Il Ministro Azzolina ha lanciato per la Scuola questo detto latino: “Ibi semper est victoria, ubi concordia est” (P. Siro). 
La mia personale preoccupazione, in questo smarrimento collettivo, è quello che queste parole siano interpretate aggrappandosi ai mezzi che ci sembrano più globalizzanti, le piattaforme, ma che non possono essere sinonimo di unione tra le persone.
C'è uno slogan televisivo “#lontanimavicini” che sembra adatto alla situazione scolastica: tradotto concretamente significa “farsi prossimo”. Ma chi è il mio prossimo? Mi sono ricordata una lettura di diversi anni fa.
Enzo Bianchi e Massimo Cacciari in “Ama il prossimo tuo” (ed. Il Mulino) fanno un'analisi teologica e filosofica della parabola del buon Samaritano (Lc 10, 29-38). “Il prossimo è colui al quale io mi faccio prossimo, è colui che decido di incontrare, che rendo vicino incontrandolo”. E prosegue Cacciari: nel racconto: “ “prossimo” cessa dall'avere qualsiasi riferimento “spaziale”. Non designa uno “stato”, ma l'agire di colui che si ad-prossima. Prossimo è chi si fa prossimo”. Quindi sono io che devo avvicinarmi a chi ha bisogno.
Individualizzare è, perciò, secondo me, farsi prossimo.




Allora mi sono chiesta, come riuscire ad “individualizzare” le attività in questo contesto?

Dunque, ho deciso, dopo aver comunicato ai genitori le cose che ho fin qui esposto, che l'indomani avrei mandato un video ai bambini dove la lettura del buongiorno era sostituita da un discorso importante, con il tono affettuoso della verità che precede la verità cognitiva, la verità che è nel seno della fiducia(citazione dall'intervento di Andrea Canevaro durante il convegno “Un nuovo sguardo sulla disabilità...il deserto fiorito” - Rovigo 21/03/16) che parlava di cosa è importante imparare a scuola (comunicare, comprendere, pensare, scegliere, progettare), della fiducia, della responsabilità e dell'autonomia.
Perciò abbiamo stretto un patto in cui ciascuno si impegnava a progettare a casa un proprio spazio/tempo scuola, e a rispettare.












Il territorio-scuola a casa è stato delimitato dagli attori in modo partecipato.

Ora si riparte.